“Il teatro di queste sanguinose azioni è lo stesso dove venti secoli fa Annibale, dopo il suo passaggio delle Alpi e la sottomissione di Torino, aveva ingaggiato e vinto una battaglia contro l’esercito romano comandato dal Console Scipione”
Napoleone Bonaparte
Nel 1799, in un periodo storico semisconosciuto e oggi quasi totalmente dimenticato della nostra storia, le truppe russe del generale Suvorov (Aleksandr Vasil'evič Suvorov 1729-1800), giungevano nel nord d’Italia, dalla lontana madre Patria, in aiuto dell’alleato austriaco. Nel breve volgere di qualche mese, riuscirono a destituire quella repubblica Cisalpina, così tanto caparbiamente voluta solo qualche anno prima dal giovane generale Napoleone Bonaparte. Mentre il generale corso era impegnato nella campagna d’Egitto, l’Italia settentrionale veniva così percorsa in lungo ed in largo dalle truppe russe. Il 13 settembre 1799, queste ultime, passarono il Ticino a Turbigo [1] per dirigersi verso la Svizzera, per concludere lì la loro avventura, prima di ritornare in Patria. Di ritorno dall’Egitto, dopo il colpo di stato del 18 Brumaio, Napoleone diventato Primo Console, volle da subito riprendersi quell’Italia settentrionale che per prima vide splendere il suo genio militare. Per questo motivo volle aggregarsi all’armata di riserva posta agli ordini del generale Murat, alla quale, ancora una volta, come pochi anni prima, la repubblica, sulla carta, affidava un ruolo di secondo piano in Italia, confidando sull’armata principale comandata dal generale Moreau, per colpire il nemico nel cuore dell’Europa. Il ruolo politico di Primo Console, se al tempo stesso avesse impedito al Bonaparte di ricoprire un ruolo di comando effettivo all’interno dell’armata di riserva, non avrebbe potuto certamente impedirgli di svolgere quel ruolo di forte motivatore nei confronti dei propri ufficiali e soldati, ruolo che lui amava tanto svolgere. Quella stagione passata alla storia come “La seconda campagna d’Italia”, all’interno della guerra contro la seconda coalizione [1a], entrava così nel suo vivo, arruolando ora un protagonista d’eccezione, con tante idee, energia, dinamismo e anche tanta fretta, tratti distintivi della figura del Bonaparte. Attraversate le Alpi sulle orme di Annibale, lasciatosi alle spalle la fortezza di Bard, in una corsa contro il tempo per arrivare il prima possibile a Milano, l’armata di riserva irrompe nella pianura padana e il dopo aver superato il Sesia, arriva a Novara il 29 Maggio 1800. Da questo momento, si susseguirono una serie di eventi, dimenticati dalla narrazione moderna di quella campagna, fatti però così importanti che gli storici dell’epoca certamente non potevano ignorare e che infatti, descrissero nei minimi particolari. Ed è proprio grazie a loro, ai loro scritti che oggi possiamo riportare alla luce nel dettaglio gli avvenimenti di Turbigo del 31 Maggio 1800 per i quali, i francesi, nel tempo, dedicarono diverse vie di Parigi, con il nome di “Rue de pont de Turbigo” prima (le attuali via Boyer e via Brancion) per realizzare infine, con decreto del 1854 l’attuale “Rue de Turbigo” [2]. Uno strano incrocio del destino ha poi voluto che 59 anni dopo, un altro Bonaparte, Napoleone III, si ritrovasse anch’esso vittorioso a Turbigo, durante la seconda guerra di indipendenza italiana. Ma questa è un'altra storia.
[1a] La seconda coalizione (1799-1802) fu l’alleanza fra diversi paesi europei, fra cui appunto gli austriaci e i russi, contro la Francia rivoluzionaria per riprendere i territori conquistati dai francesi durante il periodo della prima coalizione (1792-1797).
Il 30 Maggio 1800, Napoleone Bonaparte è a Vercelli e trova il tempo per scrivere un dispaccio ai consoli della repubblica: “Consoli cittadini, vi invio il bollettino dell’armata. Sono in moto perpetuo. Parto questa notte per Novara. Domani sarò sulle rive del Ticino, fiume estremamente ampio e veloce.” [3] Dopo un breve soggiorno a Novara presso Palazzo Bellini dove trova il tempo unitamente al generale Berthier e Murat di consultare le mappe della zona ed elaborare un piano di massima, al mattino presto è già sulle rive del Ticino. L’obiettivo è raggiungere Milano nel più breve tempo possibile. Murat per attirare in un diversivo l'attenzione del nemico, ordina alla divisione di Boudet di dirigersi verso Boffalora e alla 72e demi-brigade di dirigersi invece su Oleggio. Il passaggio del Ticino avverrà a Turbigo (vedi “croquis des ingenieurs geographes de l’armée”). La divisione Monnier prende posizione. Il ponte volante sul Ticino era stato rimosso dal nemico, il quale si era ben trincerato, ponendosi in una situazione di vantaggio sulla sponda opposta del fiume. L'avanguardia del generale Schilt fu accolta da una grandinata di colpi, palle di cannone e mitraglia, proveniente dalla sponda lombarda. Il generale Murat fece posizionare la sua artiglieria (quella stessa che fu fatta passare di notte sotto il forte di Bard), per attirare il fuoco nemico e favorire così la costruzione di un ponte volante al posto di quello che era stato distrutto; ma la sfortuna volle che uno tra i primi colpi di cannone austriaco, cadesse con precisione, proprio nel punto di allestimento del ponte, facendo naufragare sul nascere l’intento francese. Cambiano velocemente gli ordini, il fiume sarà attraversato con delle imbarcazioni che occorre reperire in ogni dove sul territorio. Grazie all’aiuto di alcuni cittadini di Galliate (il paese piemontese più vicino), vengono reperite velocemente delle imbarcazioni. Gli uomini della 70e demi-brigade sono costretti a trasportare queste barche sulle loro spalle sotto il fuoco incessante dell’artiglieria austriaca. L’idea arguta di un ufficiale prevedeva di trasportare un piccolo cannone, unitamente al suo munizionamento, su una di queste barche. Per fare questo, alcuni granatieri furono costretti a spingere a nuoto questa imbarcazione in un ramo del Ticino, fino ad un’isoletta boscosa che divideva in due le acque del fiume. Giunti sull’isoletta, i soldati si resero conto che la boscaglia forniva loro un ottimo riparo alla vista degli austriaci, i quali invece si presentavano ai francesi allo scoperto, direttamente sulla loro linea di fuoco. Questo insperato vantaggio fu subito sfruttato dai granatieri che iniziarono a far fuoco e a colpire sul fianco gli ignari artiglieri austriaci. Tra le file di quest’ultimi si scatenò il panico. Non riuscendo a capire la provenienza di quei colpi micidiali, temendo che fosse già in corso un accerchiamento, le truppe austriache persero il controllo e cominciarono, alcune ad abbandonare i pezzi al loro destino, altre a ritirarsi portandosi dietro i pesanti cannoni. Murat capì subito l’enorme vantaggio che andava creandosi e comandò immediatamente il riposizionamento dei pezzi di artiglieria per migliorare il fuoco di copertura, manovra che fu eseguita così rapidamente da determinare il definitivo sgombro degli austriaci dalla sponda lombarda del Ticino. A quel punto, tutto divenne utile per attraversare il fiume. Vennero riutilizzate le grandi barche portate dal Sesia per costruire il ponte di barche provvisorio, le piccole imbarcazioni locali, si diede inizio alla costruzione di zattere. Bisognava far sbarcare nel più breve tempo possibile il maggior numero di soldati in Lombardia. Napoleone Bonaparte che con il suo cannocchiale scrutava gli avvenimenti dalla costa di Galliate, momento immortalato dall’ artista Muller sulla propria stampa [4], non riuscì a trattenere il desiderio di mettere immediatamente piede in Lombardia con le sue avanguardie. I concitati attimi che lo vedono a bordo della imbarcazione che sfida le acque del Ticino diventano drammatici quando l’aiutante di campo, capo di Brigata, Duroc, cade nelle acque del fiume e solo grazie all’impavido aiuto dei suoi uomini riesce a salvarsi [5]. Nel breve, circa 700 granatieri della 70e demi-brigade e ad un altro imprecisato numero di granatieri della 72e demi-brigade, unitamente al primo console, sono sul suolo lombardo. Questa avanguardia è comandata dal comandante Girard che cerca da subito di consolidare la testa di ponte, dando ordine ai propri granatieri di inseguire di corsa gli austriaci che disordinatamente si ritirano dalle rive del fiume. Infatti, dopo il Ticino, a pochi chilometri, esiste un altro obiettivo fondamentale da conquistare per arrivare nel più breve tempo possibile a Milano. Prendere intatto il ponte sul Naviglio Grande a Turbigo (da qui il riferimento a “Rue du pont de Turbigo” a Parigi), significa permettere di far passare l’intera armata velocemente in territorio lombardo. Tra i primi a cadere sul ponte sul Naviglio a Turbigo ci sono i capitani Voton, Laplace e Lazget, come riportato da “Le Moniteur” [6]. Il ponte, in questo momento, viene conquistato per la prima volta dai francesi che, ahimè dovranno farlo altre due volte in quella stessa giornata. Proprio nel momento preciso in cui i francesi pensano di aver consolidato la loro posizione, nel vicino paese di Castano, giunge il generale austriaco Laudon con i rinforzi, quasi tutti di cavalleria. L’esperto ufficiale, valuta immediatamente la situazione. Capisce che, se vuole nutrire qualche speranza di rigettare il nemico al di là del fiume, lo deve fare in quel preciso momento. Ordina immediatamente l’inquadramento della cavalleria e la marcia al galoppo verso Turbigo. All’epoca c’era una sola strada che da Castano portava a Turbigo e i commilitoni austriaci in ritirata su quella strada, non credono ai propri occhi. Migliaia di cavalieri, nelle loro luccicanti divise, si stanno abbattendo su un nemico che già si sentiva vittorioso. Alla vista di quella enorme quantità di cavalleria, i francesi abbandonano velocemente il ponte sul Naviglio e disordinatamente ripercorrono a ritroso la stessa strada che solo pochi attimi prima li aveva visti procedere baldanzosi in avanti (strada “al porto di Turbigo”, ancora oggi esistente). Il comandante Girard insieme a Bonaparte e lo stesso Berthier si trovano ancora vicino al Ticino a coordinare lo sbarco, in prossimità di un vecchio mulino ancora oggi esistente. Alla vista della cavalleria in lontananza, al comandante Girard bastano pochi attimi per prendere una decisione che si rileverà cruciale e decisiva non solo per l’esito dell’intera battaglia ma anche per salvare la vita stessa del suo primo console. Come avrà modo di ricordare il generale Neipperg nel libro “Aperçu Militaire sur la Battaille de Marengo” [7], la zona di Turbigo, non era stata scelta a caso per l’attraversamento del Ticino. La carenza endemica di cavalleria da parte dell’armata di riserva, la poneva costantemente in condizioni di inferiorità rispetto al nemico che, si sapeva, al contrario, disporre in Lombardia di una abbondante quantità di cavalieri ben equipaggiati e armati. La presenza di numerosi canali di irrigazione, ancora oggi presenti nelle campagne di Turbigo, poteva permettere alla fanteria di contrastare molto più efficacemente la cavalleria, ponendosi con alle spalle uno di questi canali, che unitamente alla vegetazione prosperosa presente, impedivano alla cavalleria di svolgere la classica manovra di accerchiamento, caricando la fanteria su ogni lato. È proprio quello che fece il comandante Girard schierando tutti gli uomini di cui disponeva su un unico fronte con alle spalle il canale di irrigazione che alimentava già all’epoca un vecchio Mulino chiamato oggi “Mulino del Pericolo”. L’impatto della cavalleria fu tremendo, e non fu uno solo. Nel suo rapporto, il generale austriaco Laudon, scriverà che le cariche di cavalleria furono portate con particolare vigore poiché, gli austriaci stessi videro palesarsi chiaramente nelle retrovie delle file francesi, le figure sia di Napoleone che del generale Berthier. Nonostante la furia delle ripetute cariche, la fanteria riuscì a tenere la posizione, proprio perché la cavalleria non riusciva a manovrare alle loro spalle. Nel frattempo, a difesa della linea francese accorrevano sempre nuove truppe che via via continuavano a sbarcare. Resosi conto dell’inefficacia delle sue cariche, avendo paura di rimanere isolato per il continuo afflusso di truppe francesi, il generale Laudon ordinò la ritirata e l’occupazione del cento abitato di Turbigo.
Respinta la cavalleria, scongiurato il pericolo e preso atto che era impossibile raggiungere in giornata Milano, Napoleone e Berthier, tornarono nelle retrovie, mentre Murat rimase in prima linea a dirigere le operazioni di sbarco e coordinare il soccorso ai feriti. Ora, andava necessariamente consolidata la testa di ponte, che in sostanza voleva dire, conquistare intatto il ponte sul Naviglio all’ingresso del centro abitato di Turbigo e il villaggio stesso. Ad impedire che questo avvenisse, c’erano più di 5000 soldati austriaci che avevano occupato ogni casa e punto strategico del villaggio di Turbigo. Il comandante Girard raggruppa tutti gli uomini a disposizione, per la maggior parte facenti parte della 70e e 72e demi-brigate, ma anche elementi di altre unità che alla rinfusa, nel frattempo erano sbarcate sulle rive lombarde del Ticino. Tra loro c’è anche il giovane cittadino Morin, uno degli aiutanti di campo del generale Dupont. Questo giovane, aveva lasciato Novara alle prime luci dell’alba per ordine dello stesso primo console, per andare ad eseguire una ricognizione su Casale, venendo poi a contatto con il nemico. Subito dopo aver fatto rapporto, senza riposare, volle immediatamente unirsi alle truppe lungo il Ticino e proprio ora approdava sulla sponda Lombarda. Si ritrova così, insieme ai primi soldati francesi che per la seconda volta quel giorno devono attaccare il ponte sul Naviglio. Lo fanno avvalendosi anche dell’aiuto di qualche pezzo di artiglieria fortunosamente portato al di qua del fiume. Gli austriaci oppongono una forte resistenza, le loro posizioni di vantaggio gli permettono di eseguire un micidiale fuoco di fucileria sulle file francesi. L’azione risolutiva sarà realizzata proprio dal giovane cittadino Morin [8], il primo a passare con coraggio il ponte ed arrivare nel centro abitato. Durante questa azione, viene ferito gravemente al braccio. Per la sua impresa riceverà una promozione a capo squadrone di cavalleria, promozione attribuita quello stesso giorno da Bonaparte in persona. Il ponte torna in mani francesi ma non lo rimarrà a lungo. I soldati francesi che presiedono il ponte e la dogana austriaca posta accanto (entrambi ancora oggi esistenti), sono in numero insufficiente per garantire una difesa efficace a lungo termine. Occorre che Murat faccia sbarcare il più alto numero di truppe possibile nel più breve tempo possibile. Ma per farlo in tranquillità occorre tenere il nemico lontano dalle rive del Ticino. Murat chiede un ulteriore sacrificio a Girard e ai suoi soldati. Il contrattacco austriaco è però estremamente violento, il ponte seppur barricato, non può essere tenuto. Girard ordina il ritiro dal ponte su posizioni più favorevoli alla difesa che, ancora una volta, prevedono come protezione alle spalle dei soldati francesi un altro canale di irrigazione (ancora oggi esistente) distante solo poche centinaia di metri dal ponte stesso, sempre sulla strada “al porto di Turbigo”. Gli austriaci attaccano, lo fanno anche con la cavalleria, ma tutti i loro tentativi si infrangono sulle baionette degli uomini di Girard, che come dirà successivamente “Le Moniteur” [9], quel giorno si coprì di gloria. Dopo svariate ore di resistenza e mantenimento della posizione, finalmente verso sera, arrivarono a rinforzo le unità sotto il diretto comando del generale Monnier. Murat ordinò a quest’ultimo di conquistare alla baionetta il ponte di Turbigo che fu preso per la terza e definitiva volta dai francesi alle sei di sera. Murat, con reparti di cavalleria leggera, si dirige, lungo l’alzaia naviglio (strada che scorre lateralmente al canale stesso) verso Boffalora, con l’intento di riunirsi con gli uomini della 19e di Duhesme. Arrivano anche le unità al completo del generale Schilt, che completano l’accerchiamento del centro abitato di Turbigo. Alle otto di sera tocca al comandante cisalpino (italiano) Domenico Pino (un milanese), portare l’ultimo attacco al cuore del centro abitato di Turbigo. Gli austriaci non si arrendono solo verso le dieci di sera la testa di ponte può definirsi consolidata. I rastrellamenti e gli scontri continuarono per tutta la notte. Solo alle prime luci dell’alba Turbigo poteva ritenersi definitivamente in mano francese. Il comandante austriaco Vukassovich cade in un’imboscata francese durante la ritirata lungo l’alzaia naviglio che causa centinaia di morti tra le file dei suoi soldati.
Il combattimento di Turbigo del 31 Maggio 1800 fu l’episodio decisivo per l’ingresso vittorioso del primo console Napoleone Bonaparte in Milano il 2 Giugno. Il fiume Ticino rappresentava certo un importante ostacolo alla “corsa” delle truppe francesi verso Milano, ma anche il passaggio sul Ponte del Naviglio Grande era considerato inevitabile e difficoltoso: collocato alle porte del paese, il ponte andava conquistato intatto per far passare tutte le truppe. Per questo motivo gli austriaci difesero tenacemente ogni posizione e in quella giornata, il Ponte sul Naviglio Grande fu perso e riconquistato più volte. Solo verso le ore venti, respinto l’ultimo assalto di cavalleria austriaca e circondato il paese, i francesi potevano ritenere davvero consolidata la loro posizione. Nelle memorie di quel giorno, si ricordano con sofferenza molti episodi: l’intero paese venne bruciato, i rastrellamenti interessarono casa per casa, i combattimenti corpo a corpo, con le baionette, furono l’elemento distintivo di quella feroce giornata. Al comando dei reparti francesi si distinse tra gli altri il generale cisalpino Domenico Pino, che poi diventerà il comandante di Ugo Foscolo. Fu egli a comandare l’attacco decisivo al villaggio di Turbigo facendo numerosi prigionieri. I bollettini militari francesi riportano tra la presenza dei caduti anche il nome di tre cittadini turbighesi. Tra i soldati di truppa francese invece, si distinse il cittadino Jean-Pierre Lanabère, futuro generale dell’impero che troverà poi la morte, durante la campagna di Russia. La presenza del Bonaparte a Turbigo è attestata da uno scritto di proprio pugno “On passe toute la journée” nel bollettino di guerra n. 5389 “Pacifications 1800,1802 – Tome III - Fondation Napoléon”. Grazie al libro di Édouard Gachot “Deuxième campagne d'Italie – 1899” sappiamo che si tenne, proprio a Turbigo, il primo Consiglio di Stato per la rinascita della Repubblica Cisalpina al quale parteciparono il Bonaparte, il consigliere Bourienne e l’ex ministro della guerra Petiet, richiamato appositamente a Turbigo. Dall’esperienza della Repubblica Cisalpina nasceranno i moti e le idee risorgimentali, di tali fermenti Turbigo sarà ancora protagonista 59 anni dopo.
Appendici
[1] Dal libro “Correspondenz des Kais. Russ. Generalissimus, Fürsten ItaliisKy Grafen Alexander Vassilievitsch Suvoroff-Rumniksky über die Russisch-Oestreichische Kampagne im Jahre, 1799, Volume 2”
[2] Bibliothèque Historique de la Ville de Paris - Plan de la rue de Turbigo. Alignements: décrets de 1854 et 1858 – Auteur Grosdidier - Cote de l'exemplaire numérisé ALIGNEMENT 017 - Source de numérisation Ville de Paris / BHVP
Parigi ha dedicato una via agli avvenimenti di Turbigo, ovvero la “Rue Turbigo” che da Place de la République arriva fino alla Chiesa di Sant’ Eustachio, disposta a raggiera rispetto la Tomba di Napoleone Bonaparte, a ricordo degli avvenimenti del 1800 e del 1859 (dal libro “Parisis code”, Thierry Van De Leur, 2009). Le attuali vie di Parigi “Rue Boyer” e “Rue Brancion” in passato erano riconosciute con il nome di “Rue Du Pont De Turbigo”. Altre città francesi hanno vie dedicate alle vicende militari di Turbigo tra le quali: Igny, Saint Quentin e Fontainebleau. Nella città di Stockton in California esiste la “Turbigo Court”, la cui storia rimane ancora da scoprire.
[3] CAMPAGNE DE L'ARMÉE DE RÉSERVE EN 1800" - Gaspar Jean Marie René de Cugnac (DEUXIÈME PARTIE) CHAPITRE II - PASSAGE DU TESSIN
[4] “Passage du Tesin et Prise de Turbigo par l'Armé de Réserve” - Artista Muller - incisore Hellaud - 1800
[5] I fatti accaduti al capo brigata Duroc furono inseriti sul bollettino di quella giornata dallo stesso Bonaparte in persona.
[6] Gazette Nationale ou Le Moniteur Universel – n. 261, 21 Prarial an 8 de la Rep.
[7] Libro “Aperçu Militaire sur la Battaille de Marengo” - Autore: Alberto Adamo de Neipperg
[8] Dalle lettere private del generale Dumas, pubblicate sulla rivista “Revue de Paris” Del maggio/giugno sappiamo che l’azione non fu così eroica come riportata successivamente.
[9] Gazette Nationale ou Le Moniteur Universel – n. 258, 18 Prarial an 8 de la Rep.