Risorgimento Turbigo
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Battaglia di Turbigo

Gli Avvenimenti
BATTAGLIA DI TURBIGO
Se il terzo Napoleone, avesse avuto l'intuito felice di guerra del primo, quello stesso giorno, sarebbe potuto entrare vittoriosamente in Milano. In ogni caso, come abbiamo detto, l’occupazione insperata ed immediata di Turbigo da parte dei francesi, diede un impulso decisivo e frenetico alle operazioni militari che si andavano ora svolgendo in territorio lombardo. Si riprese alacremente a costruire i ponti di barche sul Ticino e alla fine ne verranno allestiti più di uno (in totale 3), come ci ricordano diverse stampe dell’epoca [5]. Il luogo di costruzione di questi ponti, fu lo stesso dove i genieri di Napoleone I, costruirono il loro unico ponte di barche, il 31 maggio 1800. Ancora oggi si possono notare, nello stesso luogo, infissi nel greto del fiume, i pali di legno di queste successive opere militari dei genieri francesi. Il paese di Turbigo non era cambiato molto rispetto al 1800, ed era ancora sostanzialmente diviso in 2 parti, una pianeggiante e l’altra collinare. La prima parte,  adiacente al ponte sul Naviglio, strategicamente più importante, era stata agevolmente occupata nella notte. La conquista della parte collinare di Turbigo avvenne nella mattinata del 3 giugno. Le truppe austriache, batterono frettolosamente in ritirata in quanto, i 4 battaglioni di rinforzo promessi dal generale Clam Gallas non si erano ancora visti. Consolidata la posizione, Mac-Mahon giungeva a Turbigo alle 12 e mezza del 3 giugno, insieme all’intera divisione Motterouge. Il problema era sempre lo stesso, che accomunava tutti gli eserciti in guerra in quell’epoca: capire esattamente dove era il nemico! La timidezza con la quale Napoleone III aveva condotto fino a questo momento, tutte  le azioni di perlustrazione ed individuazione del nemico, aveva sempre comportato un rallentamento di tutte  le operazioni militari francesi. Serviva un decisivo cambio di passo, un azzardo. Il comandante Mac-Mahon raggiunse con Napoleone III, la parte più alta di Turbigo. Mentre l’imperatore, sul sacrato della chiesa, era intendo a scrutare le mappe della zona, il suo generale, dalla torre del castello e dal campanile della chiesa, individuò nel campanile del paese vicino di Robecchetto, il punto più elevato per scrutare l’orizzonte. Senza avvisare l’imperatore, con un cenno al suo stato maggiore, galopparono tutti velocemente verso Robecchetto.
Questo paese, ora come allora, dista solo pochi chilometri da Turbigo e per l’amministrazione Lombardo-Veneta, all’epoca, i due paesi, essendo così vicini tra loro, costituivano una sola unità amministrativa. Mac-Mahon giunse in prossimità del campanile della chiesa di Robecchetto e come racconta lui stesso nel suo diario [6], lasciò solo qualche soldato a tenere i cavalli e precipitosamente, salì il campanile della chiesa, unitamente a gran parte dei suoi ufficiali che costituivano in quel momento, l’intero stato maggiore dell’armata francese. Solo il tempo per dare un rapido sguardo verso l’orizzonte, verso Magenta, quando, con angoscia e terrore, il colonnello Prudon, scuotendo vigorosamente il futuro duca, ottenne la sua attenzione immediata. Sotto di loro, sola a qualche centinaio di metri dal campanile stesso, una nutrita colonna di fanteria nemica stava per impossessarsi del paese di Robecchetto. La discesa dal campanile, fu decisamente più rapida della sua salita, di solo pochi attimi prima. Il rumore provocato dalla precipitosa discesa, fu percepito immediatamente dagli austriaci, che diedero l’immediato allarme. La fortuna volle che in quel momento, non c’era molta cavalleria tra le prime fila austriache, fu così che,  galoppando in modo forsennato, schivando le pallottole, seminando alcuni cavalieri Hulani, l’intero stato maggiore francese si sottrasse ad un cattura che poteva decretare sul nascere, la fine della campagna francese in Italia. L’azzardo di una ricognizione fatta in prima persona, aveva però dato i suoi frutti. Ora finalmente si aveva coscienza della posizione fisica del nemico. E gli ordini, quelli corretti, quelli che occorre dare in queste situazioni, non tardarono ad essere impartiti. Mac-Mahon ordinò al comandante la Motterouge di attaccare il nemico con tutte le forze di cui disponeva[7] al momento. Dall’altura del castello di Turbigo, con il proprio cannocchiale, Napoleone III e Mac-Mahon, videro schierarsi, sulla piana di fronte a Robecchetto, secondo i loro ordini,  i tre battaglioni dei “Tirailleurs Algériens”, più comunemente detti “Turcos”, truppe coloniali algerine, con in testa il comandante la Motterouge.
Di fronte a loro, ad occupare il centro abitato di Robecchetto, c’erano le truppe del corpo austriaco  di Clam Gallas inviate dal gen. Giulay. Uno strano destino stava per accumunare le truppe francesi dei due Bonaparte. E’ incredibile, sembra essere scritto nella pietra, ma in realtà è solo scritto nei libri di storia. Questi luoghi lombardi, devono essere conquistati dai francesi, alla baionetta, con combattimenti  corpo a corpo, nel modo più brutale che la guerra sa esprimere, non seguendo le regole classiche delle battaglie campali, tipiche delle due epoche napoleoniche, primo e secondo impero. Sembra essere cosciente di questo destino, il comandante la Motterouge, quando, termina il suo storico discorso, impartito ai suoi soldati, poco prima di comandare l’attacco, con le seguenti parole: “Peu de feu e beaucoup de baionette”. Con queste ultime parole, “poco fuoco e tanta baionetta”, che risuonano nelle loro orecchie,  nella loro lingua (tradotte in arabo dal loro ufficiale), le truppe algerine calano con estrema ferocia sulle truppe austriache. Saltano immediatamente gli schemi di difesa austriaca. I soldati di Francesco Giuseppe sono impreparati di fronte a tanta ferocia. Gli algerini non temono il fuoco di fucileria emesso all’unisono dalle truppe  austriache e appena giungono a contatto con loro, tra urla animalesche ne fanno scempio. Nel giro di poco tempo gli austriaci sono scacciati da Robecchetto ed indietreggiano su tutta la linea divisi in gruppi separati. La battaglia non è più un unico scontro in un unico luogo. E’ nella realtà, una serie infinite di piccole dispute territoriali , tra soldati dispersi, su un ampio territorio tra Robecchetto e Turbigo, che lottano, non per la vittoria finale, ma solo ed unicamente per salvarsi la vita. E’ proprio in una circostanza simile che trova la morte il capitano francese Ernest Charles Vanéechout. Quest’ultimo, unitamente ad altri ufficiali a cavallo, sorpresero un piccolo gruppo di soldati austriaci che si erano nascosti alla caccia insistita delle truppe algerine. I soldati austriaci, impauriti, alla loro vista, deposero immediatamente le armi, aspettando l’arrivo di altri soldati francesi che però non si palesarono. In pochi attimi i loro comandante capì che gli ufficiali erano anch’essi isolati. Ripresero subito le armi e fecero fuoco suoi 4 ufficiali francesi.
Solo il capitano Vanéechout ebbe la peggio. La salma di questo soldato ancora oggi riposa nel cimitero comunale di Turbigo e una lapide[8], nell’esatto posto dove cadde in combattimento, oggi ricorda il suo sacrificio e quello di tutti quei giovani che in quella giornata persero la vita per l’unità d’Italia. Questo è uno tra le centinaia di episodi di quella giornata che andrebbero tutti raccontati. Dal ferimento del capitano Boulanger, eroe in quella giornata, a quella del comandante Auger, la cui audacia quel giorno, permise la cattura di svariati pezzi di artiglieria nemica. Questo sfortunato ufficiale troverà la morte poche settimane dopo nella battaglia di Solferino. Un episodio su tutti deve essere citato, perché molto particolare, come ci ricorda nel suo libro “Souvenir d’un Zuave”,  Louis Noir (ed. 1866). Una ragazzina lombarda di 16 anni, aveva visto nei giorni precedenti la battaglia, fucilare il proprio fratello dai soldati austriaci. Essendo l’unico parente stretto che aveva, i francesi la accolsero tra le loro fila e  le diedero compiti da vivandiera. Nel pieno della battaglia, in uno di questi scontri separati tra truppe francesi e austriache, la ragazza riconobbe tra i soldati in uniforme bianca, l’ufficiale che aveva comandato il plotone di esecuzione del fratello. Sotto gli occhi increduli dei soldati francesi, raccolse da terra un fucile e si scagliò contro l’ufficiale, in un abbraccio mortale per entrambi. Non conosciamo il nome di questa eroina del risorgimento italiano, di lei ci rimane solo il gesto a conferma dello spirito che animava quelle persone che fecero dell’Italia una nazione. Gli scontri perdurarono tutta la giornata. Gli austriaci, dopo lo scompenso iniziale si ripresero, ritirandosi ordinatamente, riorganizzandosi e dove possibile contrattaccando. La vittoria i soldati francesi la dovettero guadagnare sul campo, scacciando gli austriaci, prima da Malvaglio e poi da Cuggiono. Con l’arretramento austriaco fino a Boffalora, la battaglia di Turbigo del 3 giugno 1859 poteva considerarsi terminata. Inizia una nuova giornata per l’unita d’Italia, è il 4 giugno 1859, battaglie di Boffalora e Magenta.
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